Creare Fiducia nella Selezione

Nella selezione bisogna saper accogliere e creare una relazione di fiducia senza dover raccontare di sé, perché il momento /la situazione istituzionale prevede che sia l’altro a farsi conoscere.

Quindi come creare fiducia nella persona, nell’impresa, nel momento/situazione della selezione? Essere accoglienti senza eccedere, stando sul confine tra quello che potrebbe essere considerato un atteggiamento amichevole ed il professionale. In questo caso, per definire cosa lo è e cosa non, possiamo utilizzare ed accomodarci nella superficialità e nel pregiudizio. Un “buongiorno, come va? Ha trovato traffico?” “è stato facile trovare parcheggio?” e qualche considerazione positiva o di comunanza, di simpatia (entrare in simpatia è particolarmente importante, o perlomeno facilita parecchio il lavoro) possono essere già dei buoni primi passi.

Teniamo a mente il nostro obiettivo primario, ancor prima di quel che viene ricercato nello specifico (la competenza, la motivazione, gli oggetti della selezione che dobbiamo far emergere), è conoscere delle verità della persona, aiutarla nel processo di selezione a mostrare di sé le parti utili a noi.

Con la parola “aiuto” dobbiamo stare attenti a non sostituirci all’altro, a non dare indirizzamenti parlando troppo dell’argomento o della competenza che vogliamo scoprire. Pertanto, dovremmo, in sede di colloquio parlare pochissimo, anzi il più delle volte dobbiamo lasciare e dare spazio ai silenzi, magari giustificandolo già in premessa, che è normale, per non generare maggiori pressioni e stress nel candidato che si allontanerebbe inevitabilmente da quello stato “naturale” da noi agognato per effettuare una corretta valutazione, scevra il più possibile e per quanto possibile da stati d’animo alterati generati dall’ambiente, da noi e dalla situazione.

E c’è chi dice e giustifica il far star male l’altro così da poterlo valutare in situazioni di stress o sotto pressione. A questi [a parte mandarli a c**are] vorrei ricordare che al lavoro le situazioni di stress non sono viste positivamente neppure dal Ministero della Salute e che nel DVR vi è un capitolo apposito al rischio di stress-lavoro correlato volto a diminuirlo e non ad aumentarlo.


Foto di Lad Fury da Pexels

Il nostro obiettivo non è torturare le persone, fargli paura o dovergli far subire le ingiustizie che sentiamo di aver subito in passato, non è una seduta terapeutica per le vostre frustrazioni o il palcoscenico dove fingiamo di essere onnipotenti.

La selezione, che effettuiamo perché vi è la necessità di personale specifico, magari con delle buone competenze, è un’occasione di forte marketing per l’immagine pubblica dell’impresa.

Va da sé che dimostrarsi dei maleducati che fanno star male le persone, non è la miglior pubblicità ed il miglior servizio che possiamo fare all’impresa.

Se nella persona vediamo qualcosa di “sbagliato”, dobbiamo stare attenti e delicati nel fargliela notare, se non fargliela notare affatto, se questo la potrebbe indispettire o mettere in forte imbarazzo.